E’ stato un disastro che la vera Community non si meritava. Ecco perché.

Un disastro su tutta la linea questi CrossFit Games 2024

E’ un disastro perché è morta una persona e già questo potrebbe bastare se non ci aggiungessimo che il contorno a cui siamo stati costretti ad assistere (o per lo meno chi ha voluto continuare ad assistere) è stato ancora più imbarazzante.

E’ stato un disastro perché ci si chiede come è possibile che non siano stati pensati e studiati a monte dei presidi di sicurezza in acqua adeguati. Inutile girarci attorno, i presidi non c’erano. Anche noi abbiamo raccolto qualche informazione e testimonianza locale per quanto possibile e confermiamo che non c’era un’adeguata struttura di primo soccorso nel lago Marine Creek Lake di Fort Forth.

Come sia stato possibile che non fossero previste, e soprattutto pronte, motovedette, sommozzatori, barche di supporto oltre ad un maggior numero di addetti a vigilare e osservare gli atleti durante gli 800mt di nuoto in acque libere. Sì, c’erano dei ragazzi, pochi, nei Sup. Tanto pochi che anche Elisa Fuliano ha dichiarato che in certi momenti alzando la testa non vedeva nessuno; poi ulteriormente confermato anche da Gui Malheiros.

Leggi l’articolo su La Repubblica di Marco Grieco

Tanto pochi che nessuno ha notato che Lazar Dukic a meno di 100mt dall’arrivo stava avendo difficoltà nel nuotare prima di colare definitivamente a picco. Tanto pochi che, una volta sparito nell’acqua, nessuno sapeva dove cercare perchè nessuno si è accorto di lui. E se più atleti contemporaneamente fossero stati in panne durante la prova per qualsiasi motivo, cosa sarebbe successo?

E’ stato un disastro poi affidarsi (solo o quasi?!) a dei Sup e pensare che potessero essere in grado di arrivare in tempo per soccorrere un uomo in panne se non presenti in numero ben maggiore di quelli visti in acqua nel fatal lago.

E’ stato un disastro per la gestione delle fasi successive dei CrossFit Games 2024. Si racconta di incontri carbonari tra delegazioni di atleti e delegazioni di coaches con il management dei CrossFit Games (Castro & Co) sfociati in proposte non accolte andando incontro solo a chi poteva essere d’accordo nel continuare a gareggiare non per spirito egoistico quanto per estrazione culturale.

Dal momento che un ragazzo è morto in circostanze dove l’organizzazione avrebbe a detta di moltissimi delle oggettive responsabilità (e su questo la magistratura locale avrà il dovere di fare le sue indagini e confermare o meno questo assunto), la gara sarebbe dovuta essere sospesa, annullata. Lazar non è morto per cause accidentali, Lazar non è morto dopo che l’organizzazione ha soccorso e provato a fare tutto il possibile per rianimarlo. A Lazar è stato OMESSO il soccorso perché la struttura organizzativa, come riportano molti atleti e persone presenti sul luogo, e di sicurezza messa in campo non era sufficientemente robusta per ridurne i rischi.

Alcuni poi puntano il dito anche sul fatto che sarebbe stato meglio invertire le prove, iniziando prima col nuoto e poi con la corsa, esattamente come avviene, ad esempio, nel Triathlon.

E’ stata un disastro perchè ci si chiede dove fossero le Autorità. Con tutti i difetti che abbiamo da noi avrebbero transennato tutto e chiuso baracca e burattini. Così non è stato, siamo in Texas e vai a conoscere le normative locali cosa prevedono in questi casi. Casi in cui una organizzazione privata organizza una manifestazione sportiva. Quali sono i requisiti minimi richiesti di sicurezza da mettere in campo in questi casi non li conosciamo, né sappiamo se esistono delle normative locali che impongono dei presidi di primo soccorso ed in quale misura in funzione della portata dell’evento.

E’ stato un disastro per quella celebrazione organizzata di fretta e furia la mattina seguente la morte di Lazar alla Dickies Arena di Fort Worth che ha lasciato l’amaro in bocca a molti atleti stessi. Quattro (4) minuti di cerimoniale in cui la povera commentatrice di turno ha letto uno statement di comiato e 15 secondi di silenzio. Stop. Fuori tutti e pronti a scaldarsi per riprendere in fretta la gara al fine di iniziare quello che poi sarebbe diventato il Workout numero 2.

(PHOTO : JOHANY JUTRAS)

E’ stato un disastro perché CrossFit® si proclama una famiglia forse solo quando fa comodo e la famiglia si stringe nel dolore a volte anche fermandosi. La decisione di molti atleti di continuare è assolutamente condivisibile da un punto di vista culturale (ben spiegato da Elisa e coach Teo). Basti pensare che la cultura americana a fronte di un lutto commemora il defunto organizzando un banchetto in cui tutta la famiglia si ritrova per mangiare assieme come modo per esorcizzare e andare avanti. Ma qui un buon “padre di famiglia“, sapendo di avere delle responsabilità oggettive (vedi sopra), avrebbe dovuto prendere una decisione netta e saggia anche a scapito del business.

E’ stato un disastro perché ora è in atto un danno reputazionale immane anche sul business. Fermare totalmente i Games probabilmente avrebbero fatto meno male a livello economico di quello che potenzialmente potrebbe fare nel lungo periodo l’aver continuato, oltre alle ripercussioni giudiziarie che chissà dove porteranno. In tutto il mondo, Italia compresa, molti box owner minacciano di non rinnovare l’affiliazione non credendo più in un marchio che in queste ore viene, magari anche erroneamente, associato solo a questo tragico evento. Giusto o sbagliato che sia, in ogni caso un danno reputazionale di questa portata si propaga senza controllo colpendo ogni sfaccettatura.

Si pensi solo agli atleti che hanno impostato la loro carriera in questo sport promuovendo di fatto in via retroattiva le sorti del brand ed ora lo stesso marchio sta subendo un calo di popolarità clamoroso e ai box owner o organizzatori di gare minori e locali che mettono cuore e passione in quello che fanno e magari lo fanno anche bene perché credono nella metodologia. Se questi ultimi fossero degli azionisti a fronte dei pacchetti di affiliazione acquistati nei vari anni, quanto varrebbe ora la loro quota societaria? Quanto varrebbe ora CrossFit® se fosse un’azienda quotata in Borsa?

E’ stato un disastro, punto, ma qualcosa speriamo cambierà.

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CrossFit lover over years with hystorical passion for sports, analysis and journalism.
Training early morning, working class for an Investment Banking daily, writing something on the blog late.
Founder of Dummies at the Box italian crossfit blog

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