Argomenti Mainstream e altre prese di posizione non richieste
Le starete gustando tutti, le polemiche di questi giorni.
Sono principalmente due, ma andiamo in ordine di portata.
La scissione tra Individual/Team e le altre categorie ai CrossFit Games
La prima è lo sdoppiamento, ma che dico sdoppiamento, quadruplicamento delle sedi dei CrossFit Games, che splittano le varie categorie (teens, master, adaptive, elite) in diverse date e città, con l’obiettivo dichiarato di dare a ciascuno più visibilità, ma con la vera mira di ottenere la massima “televisibilità” possibile per gli Elite.
Il CrossFit® sarà mai uno sport televisivo?
Ce lo auguriamo da un punto di vista economico, ma sappiamo perfettamente (chi come me ha fatto rugby lo ha vissuto in prima persona) come il rendere televisivo uno sport ne stravolga la natura, la forzi e la sottometta.
Nel caso dello sport in cui sono cresciuto, a pagarne le spese fu il gioco di mischia, fase statica per eccellenza ma anima di quello che era lo spirito del rugby: sacrificio, supporto reciproco, vicinanza, condivisione (anche con l’avversario) della sofferenza. Ne venne fuori uno sport sicuramente più veloce e spettacolare, ma chi lo pratica da tanto sente di aver perso la purezza e la storia di un tempo.
Il CrossFit®, per diventare televisivo, rischia lo stesso processo: meno heat, meno atleti, meno wod, meno pesi, tutto più televisivo e rapido, emozionale, con il rischio di diventare uno scimmiottamento banalizzato della ginnastica, disciplina meravigliosa e già ben definita cui assomigliare rischia di essere inutile e, probabilmente, controproducente.
A proposito, risultati del rugby? Non ho dati ufficiali, solo sensazioni per altro di matrice puramente italica, per cui parziali: chi amava il rugby, amava la sua esperienza dal vivo e tuttora preferisce andare alla partita rispetto a guardarla in tv. Sicuramente si seguono di più e meglio i grandi eventi, ma nella normale amministrazione il rugby resta relegato a sport secondario, alla stregua di tutto ciò che non è calcio e al di là di alcuni Paesi con specifica vocazione: Regno Unito, Irlanda – che comunque predilige Hurling e Football Gaelico – Francia e ovviamente Nuova Zelanda, che semplicemente hanno continuato a essere come erano prima.
Quindi ci sarà un vero beneficio dallo split delle sedi e date? A livello di pubblico presente dal vivo, credo sia un autogol: i tifosi statunitensi sceglieranno uno solo dei quattro eventi (verosimilmente gli Elite Individuals/Team a Fort Worth, perché non sono sicuro che le altre categorie riescano a spostare le masse).
Gli altri si limiteranno a guardare qualcosa in tv, e alla fine, sinceramente, cosa seguiranno davvero, fra fuso orario, scarso coinvolgimento e format appunto non televisivo? Poco probabilmente, o chi già seguiva tanto, continuerà come prima.
Il tutto a fronte di un declassamento degli atleti, che perdono quello che era il vero spirito dello sport: il fatto di poter essere un Elite nella propria categoria, adattando sì il movimento, ma stando nello stesso contesto dei top.
In sostanza, possiamo capire la scelta dell’azienda CrossFit® sebbene ci sembri prematura, ma non quella dello sport CrossFit®, che perde in spirito, inclusività e identità.
Business is business, ai posteri l’ardua sentenza.
Il nuovo Ranking sviluppato da Project Judges
La seconda grande polemica è TUTTA italiana, ed è un vero spasso.
Nell’unico “grande” Paese del CrossFit® in cui non si riesce a organizzare un Throwdown di grande portata internazionale, dove ci facciamo la guerra per avere 50 iscritti experience in più o in meno, dove ognuno si autoelegge come unico portatore di verità, non rendendosi conto che nessuno può fare tutto bene da solo, dove anziché unirci e raccogliere tutti i fondi degli sponsor li disperdiamo in milioni di eventi, e poi ci lamentiamo di non avere sponsor, ecco che impazza la bufera sul ranking di PJ.
Il ranking, come Morassutto ha spiegato anche in una nostra puntata di Talking with Friends del 6 Settembre (Link Qui), nasce con l’obiettivo di rispondere a un’esigenza precisa degli atleti nostrani, che si sentono discriminati se non possono partecipare a una gara perché in quella che ritengono essere la loro categoria, c’è gente più forte.
Ora, non sono certo che questa cosa abbia senso, ma ha perfettamente senso che un certo numero di gare, giudicate dallo stesso team di Judges, si accordi sul creare una classifica interna e la utilizzi per regolare gli accessi alle categorie. Altrettanto e pienamente legittimo è stare fuori dal circuito, anche perché a fronte di diversi team giudicanti è difficile assegnare risultati omogenei e quindi le prestazioni diventano ancora meno confrontabili.
Come ha chiaramente detto più volte il sempre lucido Morra, questo sistema è perfettibile e vuole essere un punto di partenza per capire se la distribuzione degli atleti in base ai risultati ha senso: ci sono mille incognite, potrebbe necessitare correzioni (di logica, di punteggio assegnato tra gare differenti ecc..) o addirittura essere un flop, ma un tentativo andava fatto e complimenti a chi sta provando a farlo.
Poi è ovvio che hanno ragione tutti: chi è pro, chi è contro, chi parla di meritocrazia, chi parla di inclusività, ogni punto di vista ha senso.
Personalmente, amando gareggiare ma essendo scarsissimo, spero continueranno a esistere le garette da box, equiparabili al calcetto aziendale, che mi consentano di fare, nel mio piccolo, quello che fanno i miei eroi. Per altri, la possibilità di competere seppur a livello non Elite sui grandi floor resterà invece un desiderio e un’ambizione legittima, che dovrà alla fine sempre scontrarsi con la reale possibilità data dal proprio stato di fitness.
Ancora, resteranno quelli che preferiscono stravincere experience piuttosto che competere con gente al proprio livello, così come ci saranno persone oggettivamente scarse che vorranno provare ogni anno a qualificarsi ai CrossFit Games.
La cattiva notizia è che questa situazione non si risolverà mai, la buona è che è proprio questo che fa sì che ci sia spazio per tutti, soprattutto ora che abbiamo finalmente (anche) un circuito gare che si basa su un ranking degli atleti.
E allora non ci resta che dire buon CrossFit® e buone chiacchiere da bar a tutti.